Mar. Set 10th, 2024

Le cronache di questi giorni riferiscono dell’esistenza di un mega-contenitore di tabulati telefonici gestito da Gioacchino Genchi, ex appartenente alla Polizia di Stato, consulente del P.M. di Catanzaro Luigi De Magistris – nell’ambito delle inchieste Why Not e Poseidone in carico al citato magistrato – nonché, di svariate altre Procure della Repubblica di mezza Italia.

L’archivio informatico era costituito da migliaia di tabulati telefonici e tracciamenti di utenze fisse e mobili di ignari cittadini italiani e uomini delle istituzioni, mai indagati. Il consulente Genchi, per circa 20 mesi, si legge nella relazione del Copasir – Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica – ha spiato gli spostamenti del Direttore del ex Sismi (ora AISE) ottenendo i tabulati telefonici, nonché le celle di aggancio relative alle telefonate effettuate e ricevute dal Prefetto Pollari. Questo scellerato atto di invadenza merita un’accorta e rigorosa riflessione sulla gravità di una siffatta azione. La vicenda in parola, intacca in primo luogo la credibilità dei nostri Servizi di informazione, che secondo il dettato della Legge 124 del 3 agosto 2007, devono occuparsi della “difesa dell’indipendenza, dell’integrità e della sicurezza della Repubblica, anche in attuazione di accordi internazionali, dalle minacce provenienti dall’estero, nonché della protezione degli interessi politici, militari, economici scientifici ed industriali dell’Italia”.

Tale nefasta condotta ha serie ripercussioni sulla sicurezza nelle comunicazioni tra appartenenti ai Servizi di Informazioni e loro interlocutori, siano essi esterni al sistema stesso o operatori di Polizia ovvero nella peggiore delle ipotesi fonti confidenziali. Tale registro informatico ha intaccato quindi, il più elementare aspetto dei Servizi di Informazione, la riservatezza. In questo modo, sono stati infatti svelati gli spostamenti del Direttore dell’ex Sismi, localizzando la sua posizione e svelando, magari, il luogo ove era in corso un’operazione sotto copertura, nella quale il Prefetto era presente per concorrere alla riuscita dell’attività, mettendo in campo le Sue indubbie capacità organizzative e strategiche. E’ inconcepibile che apparati dello Stato, a maggior ragione quelli che si occupano della tutela della Nazione, siano spiati con tanta facilità. E’ assurdo che i gestori telefonici, siano essi di telefonia fissa o mobili, abbiano la libertà di fornire a qualsiasi consulente di Tribunale, anche in virtù di regolare autorizzazione da parte della Magistratura, i tabulati telefonici o il tracciamento delle celle del segnale di utenze appartenenti ai Servizi di Informazione, al Direttore della Direzione Nazionale Antimafia e suoi Sostituti. Scusate ma in questo sistema c’è qualcosa che non funziona. Nel momento in cui è arrivato presso gli uffici delle compagnie telefoniche, il decreto di acquisizione dei tabulati, a nessuno è venuto in mente di controllare gli intestatari di dette utenze? E perché in presenza di un’intestazione che recita “PRESIDENZA DEL CONSIGLIO” nessuno ha chiesto chiarimenti contattando la Segreteria del Magistrato firmatario, per verificare la veridicità del provvedimento?

Orbene, alla luce dei fatti sin qui riassunti, penso che oggi urge una legge che limiti l’intercettazione delle utenze in uso ai Servizi di Informazione, se non in virtù di specifici reati cui si sono resi responsabili gli appartenenti a dette istituzioni, al fine di meglio tutelare la sicurezza del nostro Belpaese. Proprio in questi giorni nelle aule Parlamentari è in discussione il nuovo testo sulle intercettazioni telefoniche. Magari, potrebbe essere questa la sede in cui analizzare con maggiore attenzione questo aspetto, un po’ lacunoso e inverosimile, dell’attuale normativa sulle intercettazioni telefoniche. Invece, la polemica politica si concentra solo sulla dicitura “gravi indizi di colpevolezza” bensì che sulla fragilità e inviolabilità del sistema intercettazioni; un mercato divenuto teatro di tangenti, fiume di denaro appartenente alla Criminalità Organizzata investito in società di intercettazioni, così come riportato da “Il Giornale” nel mese di gennaio, pubblicando le dichiarazione di Vittorio Bosone classe 1953, titolare della IES (Sistemi di sicurezza e telecomunicazioni), società di intercettazioni telefoniche. Oggi i costi delle intercettazioni, sono quadruplicati, ed il tutto è iniziato da quando le intercettazioni non sono più appannaggio delle forze dell’ordine, ma di società private. Un giro di affari stimato sopra i 300 milioni di euro. E’ scandaloso il fatto che lo Stato affidi a società private il così delicato lavoro delle intercettazioni telefoniche, lavoro che andrebbe, invece, esercitato in prima persona solo ed unicamente sotto la responsabilità delle forze dell’ordine, dotandole di propri apparati, senza ricorrere al noleggio di attrezzature di proprietà delle molteplici società nate ad oc. Tutto ciò è dettato dal fatto che queste società arrivano là dove le Forze di Polizia per mancanza di mezzi, di organici, di know how, non riescono ad arrivare.

Complessivamente, il mercato delle intercettazioni telefoniche assorbe qualcosa meno di 150 milioni di euro. Il resto del budget se ne va nell’altro grande capitolo di spesa: le intercettazioni ambientali. Migliaia sono le microspie prese a noleggio dalle Forze dell’Ordine dalla miriade di società che operano in questo settore, perché non in loro possesso,. A spartirsi la torta non sono soltanto quattro operatori, come nei telefoni, bensì una quantità di agenzie private specializzate nel settore, che operano su appalto delle Procure. Sono un centinaio di agenzie in tutta italia, e forniscono ai Pubblici Ministeri il servizio completo: dal "chiavaro" che riproduce fedelmente la chiave di un appartamento, di un ufficio o di un’auto, al tecnico che piazza la "cimice", al noleggio della microspia al registratore digitale che incide le conversazioni. Le frontiere tra intercettazioni telefoniche e ambientali sono saltate, oggi quasi tutte le microspie hanno incorporata una scheda sim collegata una linea telefonica.
Oggi il sistema più usato nelle Procure per intercettare è il Sistema MCR, completamente sviluppato internamente, consente la registrazione, l’analisi e la gestione di contenuti provenienti da qualsiasi tipo di rete telefonica e telematica o da periferiche mobili. Tutte le funzionalità sono integrate in un’unica piattaforma tecnologica, potente e di semplice utilizzo, che supporta efficacemente l’intero processo di indagine.

L’appalto a ditte private delle registrazioni telefoniche, apre lo spazio ad una considerazione di fondo, cioè quella della Privacy. Infatti, tutta questa montagna di voci spiate su ordine dello Stato confluisce, elaborata e digitalizzata, nel gigantesco archivio informatico delle società private; le centrali informatiche di queste società, possono controllare visivamente l’intero sistema, ed intervenire sugli eventuali mal funzionamenti del sistema, correggendone l’errore, Quindi, in buona sostanza hanno l’accesso a l’intero pacchetto dei dati intercettati. Dotando le Forze dell’Ordine di propri apparati i contenuti delle intercettazioni resterebbero all’interno dell’ambito investigativo, con la conseguente eliminazione delle fughe di notizie, addebitate di volta in volta o alla Magistratura o ai loro assistenti.

Altra importante questione legata alle intercettazioni telefoniche è l’allarme lanciato contro la mancata tracciabilità delle telefonate utilizzando “Skype”. La tecnologia VoIP utilizzata da questo sistema di comunicazioni tramite pc, è un brevetto industriale e come tale segreto. La criminalità lo ha capito tanto da averlo scelto come canale di comunicazione sicuro e non intercettabile, preferendolo alla telefonia tradizionale fissa e mobile. Tecnicamente si possono intercettare le chiamate via Skype solo se la società ideatrice mette a disposizione le specifiche tecniche. E’ impensabile che la giusta tutela di un brevetto industriale o della privacy, permetta alla criminalità organizzata di eludere ogni intercettazione. Pertanto, all’interno del dibattito politico di questi giorni, sulle nuove norme da adottare in materia di intercettazioni, in discussione nelle aule parlamentari, c’è la necessità di capire come organizzarsi contro le nuove tecnologie.
 

 

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