Secondo la più efficace definizione di un famoso esperto americano, David Steele, l’attività di intelligence è definibile come “l’arte di conoscere le intenzioni dell’avversario”. È un’arte perché non è sufficiente ottenere solo delle informazioni, è necessario valutarle, analizzarle ed interpretarle per capire alla fine cosa “bolle in pentola” nel campo avversario.
Per le forze di polizia il nemico è rappresentato dalla criminalità e per essere all’altezza del compito istituzionale è necessario prevedere cosa “bolle in pentola” nel campo criminale e prepararsi a fronteggiarlo, anzi, meglio, prevenirlo.
Per prevenire le attività criminali che si sviluppano sul territorio di competenza la migliore arma è rappresentata dall’intelligence investigativa, cioè da una attività di ricerca, di selezione, di analisi e di distribuzione di informazioni su tutto ciò che accade o sta per accadere sul territorio e che riguarda le intenzioni del criminale e dei gruppi criminali.
Il cuore dell’attività di intelligence investigativa è rappresentato dalle attività di analisi delle informazioni. Non basta raccogliere le notizie dalle persone, dalle intercettazioni, dalle mail, dagli sms, è necessario analizzarle e capirle. Come suggerisce l’etimologia latina del termine intelligence, è necessario “inter legere”, cioè leggere tra le righe, leggere dentro, leggere i significati e gli sviluppi. Le attuali possibilità offerte dalle strumentazioni tecnologiche permettono di avere tutte le informazioni richieste, quindi non mancano le fonti ed il materiale da analizzare, il problema è proprio “analizzare”, effettuare cioè quelle tempestive valutazioni umane che solo una persona, un esperto, un conoscitore dell’argomento può distillare da una montagna di dati.
Nessun computer potrà mai effettuare una valida “analisi” di un insieme di dati. Il computer può solo evidenziare ripetizioni, contatti, coincidenze, collegamenti, anomalie e discordanze, non potrà mai offrire un significato.
È necessario quindi, per poter effettuare adeguatamente una attività di intelligence investigativa, formare, disporre ed utilizzare dei validi analisti. Ma chi sono gli analisti? Si tratta spesso di esperti che non fanno parte delle forze di polizia, in genere sono dei tecnici specializzati in un dato settore, sia scientifico, che sociologico, politico, economico o psicologico. Sono esperti che affiancano l’investigatore ”puro” aiutandolo alla ricerca della evidenze e delle realtà emergenti. Il fattore aggiunto e maggiormente significativo che l’esperto di intelligence può offrire con la sua analisi è di interpretare logicamente un insieme di informazioni apparentemente scollegate. Il procedimento logico con cui viene effettuata l’analisi è quello tipico del metodo scientifico, vale a dire l’inferenza finale.
Attraverso il logico conseguire di una verità da un’altra verità viene alla fine distillata non l’unica soluzione, ma la più attendibile tra tutte quelle che sono state ipotizzate.
Il percorso logico dell’inferenza deve evitare ogni valutazione di tipo soggettivo. Per cui il procedimento è di raccogliere tutte le informazioni acquisite e suddividerle in gruppi omogenei, quindi successivamente sviluppare l’inferenza su di esse e formulare una ipotesi. Cercare quindi delle altre informazioni che possano integrare e sostenere l’ipotesi formulata.
Sarebbe un errore logico il procedimento mentale, purtroppo molto spesso utilizzato anche in campo investigativo, per cui sulla base delle prime informazioni che sono disponibili si formula un’ipotesi e si raccolgono solo le informazioni che la avvalorano e la confermano e si tralasciano quelle che invece la smentiscono.
Allo stesso modo di come un medico deve osservare ed ascoltare un paziente senza affrettarsi ad effettuare una diagnosi dopo i primi sintomi, anche un analista investigativo prima di formulare la propria “diagnosi” deve raccogliere ed “ascoltare” tutto l’insieme dei sintomi presenti. Tra tutti i sintomi che vengono raccolti alcuni sono definiti sintomi “indicatori” poiché permettono di effettuare una differenziazione tra diagnosi diverse, allo stesso modo l’analista deve selezionare quelle informazioni, dette “indicatori” che permettono di includere nell’inferenza uno scenario possibile e di escludere gli altri.
L’indicatore, nell’analisi di intelligence, è definito come quella parte dell’informazione che aiuta a capire, attraverso l’esame del quadro globale di una situazione, ciò che sta accadendo o sta per accadere. In campo investigativo e criminologico l’analisi degli indicatori possono aiutare ad individuare degli eventi delittuosi che stanno per verificarsi ma che, pur essendo già in atto ancora non si sono manifestati, come le attività preparatorie di un sequestro, di una rapina, di un attentato.
Per parlare il linguaggio dell’investigatore possiamo dire che mentre un classico “indizio” è un qualcosa di valutabile a seguito di un evento e dopo il consumarsi di un reato, l’indicatore è un segnale da ricercare prima che un evento accada o si consumi un reato. Alle forze di polizia si chiede quindi di essere un passo avanti rispetto alle attività criminali ed, al pari delle classiche attività di intelligence, il successo della loro attività non è quantificabile né stimabile, poiché gli eventi prevenuti sono eventi che non accadono e quindi statisticamente inesistenti.
Le tipologie di analisi che maggiormente si adattano all’intelligence investigativa sono l’analisi strategica e l’analisi operativa. In campo militare esistono anche analisi di intelligence di tipo tattico o tecnico, ma sono esclusive delle attività belliche e degli equipaggiamenti da combattimento.
L’analisi strategica riguarda ambiti più generali e mira ad oltrepassare quanto più possibile l’orizzonte della realtà presente ipotizzando a tutto tondo gli scenari futuri sociali, giovanili, criminali, antropologici. L’analisi strategica si concentra su obiettivi a lunga scadenza ed esamina le tendenze attuali ed emergenti nell’ambiente criminale, delle minacce alla sicurezza e all’ordine pubblico, alle possibilità di svolgere azioni di controllo, di sviluppare programmi alternativi, sviluppare possibili percorsi per il cambiamento delle politiche, dei programmi sociali e delle legislazioni di riferimento.
L’analisi operativa riguarda invece ambiti più ristretti e selezionati e la loro immediata evoluzione “prossima ventura” scendendo nel pratico dei gruppi criminali in via di formazione, delle metodologie in atto, dello sviluppo delle capacità criminali, delle operazioni illegali che stanno prendendo corpo in seno a vari ambiti sociali (ad esempio: immigrazione, gioco d’azzardo, traffico di droga, riciclaggio di denaro, traffico di armi, cospirazione politica, terrorismo internazionale, …).
Non esiste tuttavia una differenziazione netta tra analisi strategica ed analisi operativa in quanto rappresentano l’una la continuazione dell’altra, per cui l’analista operativo e quello strategico lavorano insieme e si scambiano continuamente pareri ed informazioni.
Entrambi lavorano producendo interpretazioni e scenari probabili ed essendo queste delle inferenze su ciò che è possibile, non pervengono a risultati certi, ma solo a ciò che è maggiormente probabile.
L’analisi strategica mira allacreazione di una base di conoscenze che possano essere utilizzate da chi ha un potere decisionale, dal politico al dirigente, nell’ambito di progetti ed investimenti a lungo termine e per la ottimale gestione delle risorse. Si rivolge quindi al futuro ed il suo orientamento temporale è legato al tipo di decisione che deve essere adottata.
L’analisi strategica può essere di diversi tipi:
a – analisi descrittiva – le informazioni e i dati raccolti sono sistematicamente organizzati, discriminati ed analizzati per descrivere ciò che sta accadendo; l’obiettivo è quello di accertare l’esistenza di tendenze generali nello sviluppo della criminalità o di modelli specifici nel crimine per estrapolare, se possibile, future tendenze;
b – analisi esplicativa – è il livello successivo all’analisi descrittiva, in quanto ha l’obiettivo di comprendere le cause e le motivazioni su quanto è stato descritto; è un compito particolarmente difficile poichè comporta lo studio di una grande massa di informazioni, della ricerca e dell’interpretazione delle relazioni che sono esistenti tra di esse;
c – analisi predittiva – dopo aver descritto e spiegato un fenomeno nella sua dimensione è necessario effettuare il passaggio successivo per quanto riguarda la sua evoluzione, crescita e sviluppo, effettuando quindi una predizione futura sull’andamento del fenomeno; è una analisi particolarmente difficile da svolgere poiché è finalizzata ad ottenere una previsione di probabili sviluppi futuri.
Una buona e valida analisi strategica richiede lo studio di complesse e numerose variabili. È necessario quindi confrontare dati differenziali sui cambiamenti in atto con cadenza periodica ed individuare le correlazioni tra le più importanti variabili che influiscono sullo sviluppo della criminalità.
Alla fine del percorso di analisi di tipo strategico è possibile allestire e distribuire alcuni “prodotti” di intelligence investigativa, come ad esempio:
1 – i rapporti di situazione – si tratta di rapporti descrittivi che sono orientati all’analisi della situazione attuale del crimine; è uno studio che ha l’importante ricaduta di pianificare al meglio la gestione delle risorse umane e dei mezzi che si hanno a disposizione;
2 – la valutazione della minaccia – si tratta di un rapporto in cui si prende in considerazione il prevedibile grado di impatto della criminalità sul territorio; sono studi ad ampio respiro su varie tipologie di reato e cercano di valutare gli sviluppi sul lungo termine;
3 – l’esame dei rischi – si tratta di un rapporto che prende in considerazione i settori più deboli e vulnerabili della società, in cui potrebbe penetrare il crimine e che potrebbero essere quindi maggiormente sfruttati dalla criminalità per ottenere dei profitti illeciti.
L’analisi operativa invece, a differenza dell’analisi strategica, presenta un raggio d’azione più ristretto ed è orientata verso un obiettivo immediato o a breve termine.
Si rivolge all’analisi di fatti in corso, ha una buona ed immediata ricaduta sulla prevenzione e la repressione della criminalità, pone l’attenzione su crimini specifici ed è quindi più aderente all’attività investigativa. Si pone come obiettivo lo studio dei metodi, delle capacità, dei punti deboli, delle intenzioni e si possono sviluppare ipotesi ed inferenze riferibili ad individui o gruppi coinvolti nelle attività illecite che sono oggetto di indagine.
L’analisi operativa per essere efficace e maggiormente “leggibile” ha bisogno di utili schematizzazioni.
Questi possono essere rappresentati da:
a – i grafici di collegamento – si tratta di strumenti che visualizzano in modo chiaro e ordinato le grandi quantità di dati relativi ai rapporti che intercorrono tra soggetti come le persone fisiche, i gruppi, le aziende, le ditte, evidenziando in forma grafica i legami esistenti tra entità apparentemente diverse (scambio di telefonate, di mail, di lettere, di affari, comuni frequentazioni di luoghi, persone o attività ricreative);
b – i grafici di flusso dei beni – possono visualizzare ad esempio i flussi economici collegati ai traffici di droga, dei beni rubati o di denaro tra i componenti di una organizzazione criminale; il flusso dei beni consente di evidenziare i possibili legami tra persone che fanno parte di una rete criminale, per rendere più comprensibile il loro modus operandi;
c – i grafici degli eventi – possono visualizzare la successione di una serie di eventi e le relazioni che sono tra di essi esistenti; sono particolarmente utili all’inizio di una attività investigativa al fine di orientare le indagini;
d – i grafici di attività – possono visualizzare le sequenze di attività che sono dirette verso un obiettivo, nel momento in cui un’attività deve essere avviata prima che un’altra possa avere luogo; si tratta di evidenziare tutti gli atti preparatori che è indispensabile allestire prima del compimento di un reato grave, come ad esempio il sequestro di una persona o il compimento di un attentato;
e – le tabelle comparative – si tratta di tavole che sono disegnate per rilevare rapidamente le similitudini nel modus operandi tra un determinato numero di eventi criminali (ora, luogo, mezzo di trasporto, arma usata, etc), al fine di stabilire quali siano riconducibili allo stesso soggetto o allo stesso gruppo di soggetti per orientare le indagini in modo più preciso; le tabelle comparative, confrontando i veri modus operandi messi in atto, offrono la possibilità di ricollegare un reato ad altri reati, probabilmente collegati tra di loro e commessi da uno stesso soggetto;
f – il flusso telefonico – attraverso il controllo dei contatti telefonici è possibile verificare i contatti tra vari soggetti; questo controllo risulta essere molto importante per analizzare anche i flussi di denaro per via telematica; la tecnica utilizzata è quella del grafico di “frequenza” che mostra tutti i numeri contattati dal numero principale, il numero delle volte che è stato chiamato e l’identità dell’intestatario;
g – l’analisi finanziaria – questo tipo di analisi si compone di alcune fasi, come ad esempio il riconoscimento degli indicatori economici, l’analisi dei depositi, l’analisi delle transazioni, l’analisi societaria; dalla valutazione di questi dati è possibile ricostruire i flussi illeciti di denaro da riciclare e da reinvestire.
L’analisi strategica e quella operativa possono quindi contribuire a rendere più incisiva ed efficace ogni tipo di attività investigativa, soprattutto in senso repressivo e preventivo.
L’intelligence investigativa nel terrorismo
Le indagini che vengono svolte in occasione degli atti terroristici rilevano che ci sono sempre stati degli atti preparatori e premonitori, atti che abbiamo detto vengono definiti “indicatori”. Gli episodi del terrorismo non vengono dal nulla, sono programmati, organizzati ed eseguiti da individui che di norma agiscono in gruppo e questo gruppo ha una sua natura intrinseca in base alla quale viene scelto un tipo di obiettivo, una tipologia di armi da usare in azione, un certo numero di persone coinvolte ed un modus operandi tipico sulla scena dell’attentato.
Ad esempio, negli anni di piombo le Brigate Rosse operavano con una squadra di tre persone, di cui due effettuano l’attacco e la terza serve per la fuga e la copertura. I terroristi tedeschi degli anni ’70 impiegavano 3-4 persone per gli attentati dinamitardi e 5 persone per i rapimenti. Una tipica squadra omicida palestinese è composta da 5 persone: una di vedetta, una che mantiene il collegamento con una sede operativa centrale e tre persone che eseguono materialmente l’omicidio.
I gruppi terroristici organizzano i loro attentati in base all’obiettivo che viene scelto, in base alle persone che saranno coinvolte ed in base alla tipologia di attentato che vogliono compiere.
Quindi possiamo dire che per ogni attentato terroristico esistono degli “indicatori” che riguardano:
Valutiamo quindi in maggiore dettaglio quali possono essere gli “indicatori” per questi ambiti, da aggiungere alle informazioni che di norma vengono raccolte dalle fonti sul territorio o dagli infiltrati negli ambiti sociali, politici o religiosi che rappresentano “l’acqua in cui nuota” il terrorismo:
a – il gruppo – gli indicatori relativi al gruppo si possono dedurre dal tipo di campagna politica in atto, in base alle rivendicazioni che rilasciano, in base alle persone che stimano essere responsabili delle “ingiustizie” in atto, in base a delle date commemorative di precedenti atti o di eventi significativi per il gruppo terroristico;
b – il bersaglio – gli indicatori relativi al bersaglio si possono dedurre dalle loro rivendicazioni e dagli ambiti sociali o politici di cui si interessano; si possono dedurre dalle persone che vengono identificate come “nemici” dai gruppi sociali, politici o religiosi che sono infiltrati dai componenti del gruppo terroristico;
c – il tipo di attentato – gli indicatori sul tipo di attentato si possono dedurre dalle precedenti rivendicazioni rilasciate e dalle minacce e manifestazioni di intenti che hanno dichiarato; dai furti che vengono compiuti di attrezzature o materiali utili per allestire un attentato; dalle tracce lasciate sul territorio che possono rappresentare delle “prove generali”.
C’è da aggiungere che la persona più adatta a notare la presenza di questi “indicatori” è la vittima stessa, oppure gli uomini della sua scorta. In passato sono stati ricostruiti questi indicatori ricollegando presenze ripetute di una stessa persona sul luogo dell’attentato, pedinamenti con una stessa auto o moto, guasti ripetuti ad impianti di allarme, malori ed “avvelenamenti” di animali da guardia. Nei teatri operativi esteri sono state notate chiusure improvvise di negozi, scomparsa improvvisa di bancarelle e della popolazioni civile nelle strade in cui sono avvenuti attentati contro diplomatici o forze militari.
Secondo i maggiori studiosi sul fenomeno del terrorismo, “il terrorismo si comprende solo studiando gli attentati che vengono messi in atto”. Tutte le informazioni che sono state ricavante sulle varie tipologie di terrorismo dovrebbero confluire in un unico data-base, a livello internazionale e non solo di qualche “agenzia”, ed essere messi a disposizione dei vari analisti sul fenomeno del terrorismo. Gli strumenti di analisi di intelligence che possono essere applicati al fenomeno sono in grado di produrre dei prodotti molto interessanti e dalle importanti ricadute operative e preventive.
Le indagini di intelligence sul terrorismo traggono giovamento dall’uso delle seguenti tecniche di analisi:
- costruzione ed impiego delle matrici
- analisi delle connessioni
- grafica della cronologia degli eventi
- grafica dell’analisi investigativa visiva (VIA – visual investigative analisys)
- tecnica di esame e valutazione del programma (PERT – program evaluation review tecnique).
Lo studio e la presentazione analitica di queste tecniche esula tuttavia dalle finalità divulgative del presente studio, per cui chi volesse approfondire il funzionamento di queste tecniche deve focalizzare l’attenzione sui manuali operativi degli investigatori di polizia e degli analisti, strategici ed operativi, di intelligence.
Come abbiamo detto l’attività di analisi è prettamente umana ed è effettuata da un esperto che assume la definizione di “analista”: è lui che rappresenta il momento di vera intelligence in tutto il ciclo di raccolta, analisi e disseminazione delle informazioni. L’analista deve essere scelto e formato a partire da alcune caratteristiche individuali indispensabili, che sono riassunte nella tabella a lato.
I requisiti dell’analista di intelligence investigativa
- saper valutare in senso critico le informazioni provenienti da fonti diverse, di estrapolare fatti specifici per formulare e verificare ipotesi;
- sviluppare e valutare soluzioni efficaci ai problemi individuando i rischi e dando consigli su come agire rispetto a specifiche situazioni;
- fornire indicazioni per la ricerca delle informazioni;
- avere la capacità logica di presentare verbalmente e in forma scritta le ipotesi;
- avere conoscenze informatiche;
- avviare e intrattenere molte relazioni professionali;
- avere la capacità di assimilare rapidamente concetti e nuove tecniche;
- avere la capacità di organizzazione e pianificazione;
- avere la conoscenza dei fatti quotidiani;
- avere la padronanza della lingua inglese;
- avere una capacità didattica
È difficile reperire sul mercato degli esperti una risorsa che possa sommare tutti i requisiti richiesti, tuttavia è comunque necessario che ne possegga la maggior parte. Una volta individuato l’esperto giusto, questi non è automaticamente un analista, poiché è richiesta, oltre la sua esperienza e competenza, una formazione supplementare.
Questa formazione di intelligence investigativa potrà essere effettuata prevalentemente in senso strategico (attività anticrimine, servizio di contrasto alla grande criminalità, etc.) o prevalentemente in senso operativo (servizio centrale operativo, squadre mobili, digos, etc.).
E’ necessario inoltre, per rendere più sintetici, efficaci e leggibili i rapporti dell’analista (i prodotti dell’intelligence), un ulteriore periodo di formazione per migliorare le capacità di ricerca, di raccolta e di gestione dei dati, di sviluppo del pensiero creativo (pensiero divergente) e delle capacità di presentare in forma orale e scritta i risultati del proprio lavoro di analisi. Sarebbe indispensabile anche una ulteriore formazione su materie molto specialistiche come le indagini finanziarie, le indagini politiche, sociologiche, criminologiche e statistiche.
Non ultimo, è essenziale per gli analisti anche il saper impiegare le più recenti tecnologie informatiche, nonché essere continuamente on line sul web per il contatto con le banche dati e le fonti informative.
Effettuare una buona analisi di intelligence investigativa non significa quindi effettuare solo una sapiente lettura dei dati che si hanno a disposizione. Il fine dell’analista non è neanche quello di assicurare gli autori dei delitti alla giustizia. Il fine è lo svolgimento di una attività di prevenzione volta ad impedire gli ulteriori sviluppi di fenomeni delittuosi già noti ed in atto e di anticipare l’evolversi di quelli che si trovano ancora in una fase “embrionale”.
Al pari delle altre forze di polizia europee ed americane anche l’Italia dovrà dotarsi nell’immediato di un numero sempre maggiore di analisti investigativi, specializzati sui fenomeni di tipo criminologico.
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