Ven. Apr 19th, 2024
L’Uomo e la Società sempre più distanti l’uno dall’altro, ma su chi ricade la colpa di denigrazione? Quale futuro attende la Sociologia?

Sembra dato per scontato la nostra consapevolezza che prima o poi in Italia avremmo dovuto fare i conti con una società che trova il suo collocamento in una metafora machiavellica: ovvero, il senso dell’ironia fattasi espressione di una Nazione che sembra voler, a tutti costi, dissociarsi dai doveri sociali, culturali, istituzionali e politici.

Di tanto in tanto, anche nel vasto territorio di internet, si leggono discussione di un importanza unica, sulla “lettura” della Società odierna Italiana e, ciò che ha prodotto un serio intento di analisi sono le risposte ad una domanda dal carattere estremamente sociologico: .. “cosa pensi della società di oggi? .. “ le risposte sono tante, ma univoche all’ indirizzo di una percezione di instabilità, di degrado morale e di traslato, alcune volte, che comunque portano ad un’unica considerazione: la Società ha i suoi difetti, che seppur naturali nella sua esistenza, volge verso un fenomeno di deistituzionalizzazione sia del concetto di famiglia che del ruolo civile e morale che ogni individuo dovrebbe avere nella comunità tra più soggetti, la quale costituisce in se e per se, appunto, la Società. Un male prodotto dal male stesso, lo specchio della società è questo, si vede malata e per guarire vuole distruggere il suo male con altrettanto male.

Quello che rappresentiamo, oggi, come individui mutualistici del nostro male è la “imperfetta” convinzione che il fenomeno del “colpevole non sono io” sia propria di una società ormai al degrado e che ci rende facile traslare dal concetto di una fenomenologia kantiana dell’approssimarsi alla soluzione che, una società è tale se libera ed è libera se essa è espressione di democrazia e civiltà. Un concetto che non rende difficile non solo percepire ma per lo più constatare che tutta la società italiana, intesa e vista con pensiero sociologico e morale, è ormai alle battute finali di un era che deve essere risanata, ricostruita e poi tutelata.

Oggi siamo facili e propensi alla soluzione statica e immorale di colpevolizzare l’individuo, come soggetto unico della società che lo circonda, piuttosto che attribuire la “colpa” alla Società nel pieno della sua interezza; questo perché non siamo più capaci di riconoscerci come soggetti fondamentali, univoci ed essenziali per la nostra società, e ciò è male, le immoralità individuali vengono oggi indicate come responsabili del degrado della Società, in passato invece si aveva il concetto che era la Società che degradava l’individuo. Il fenomeno, oggi in voga, è proprio quello di incolpare il “singolo” ed estraniarsi dall’idea di contribuire alla soluzione di tale problema indicando, di contro, che è la Società che evidenzia quel “soggetto” proprio a causa della denigrazione che facciamo verso noi stessi e verso il concetto morale e civile di convivenza sociale.

La sociologia, “la scientia scientiarum” come definita dal fondatore Auguste Comte, è una scienza in agitazione, questo per riflessione teorica e per considerazione della sua intrinseca trasformazione naturale, soggettiva ed individualistica, non a caso essa è scienza che non si esaurisce in un fatto conoscitivo, anzi più si allarga il contesto in cui la sociologia è applicabile ed analizzabile e più essa si arrampica sulla trasformazione, evoluzione e alcune volte sulla regressione.

Gli anni della sociologia nella sua estensione di studi sono stati senza dubbio tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento, facendo ricordo allo stesso Auguste Comte, a Ferdinand Tönnies, Durkheim, Maximilian Carl Emil Weber, e tanti altri fino ad arrivare a Franco Ferrazzotti il quale definiva la sociologia come “scienza dell’incertezza” e via via ad altri illustri sociologi che hanno contribuito con studi a delineare per lo più la tesi più accreditata sulla sociologia: essa è un concetto fondamentale della comunità per guardarsi criticamente nel ruolo complesso ed unitario di società. Una società che a quanto pare oggi non si riconosce più tale, proprio a causa della disgregazione che essa ha subito a causa della impropria funzione che ogni individuo ha voluto vestire: la personalizzazione di tutto ciò che lo circonda e il rifiuto totale di co-partecipazione di una comunità quale espressione genuina di civiltà e moralità. L’uomo oggi è abituato a guardare solo sui propri piedi e non volgere lo sguardo verso tutto ciò che lo circonda, producendo distacco da concetti e percezioni che una sana community possa risolvere l’inadeguato sistema anti-sociale che oggi si manifesta nel nostro Paese. A concorrere verso questo degrado sociale ci sono diversi “attori”, dalla frenetica corsa all’arrivismo, al protagonismo, agli obiettivi di ricchezze e di accumuli di beni, dall’ostentazione all’individualismo, la mancanza di identità politica, il senso politico (poiché anch’esso è sociale) e così via fino a riempirci la mente di cosa ci manca e cosa non abbiamo mai avuto. La Società , è un bene prezioso e come tale va riservato nella sua parte migliore che è espressione genuina della sussistenza in un contesto comunitario, essa va lasciata evolversi, e trasformarsi ogni qualvolta “agenti” esterni ne considerano il cambiamento, ma pur sempre va tenuta custodita la sua valorizzazione, come componente essenziale della nostra quotidiana vivibilità.

Occorre oggi rivedere la sociologia per far fronte al male che ci circonda o piuttosto, interpellare la nostra coscienza al fine di riavvicinarci alla sociologia, nel pieno del suo significato di studio e conoscenza? Sia nell’uno che nell’altro caso ci troveremo di fronte ad una insana preoccupazione risolutrice: abbiamo forse aspettato tanto, troppo, e oggi ci troviamo a fare i conti con un sistema sociale ed una società che stenta a riconoscersi, e ne ha ragione, poiché siamo noi i primi a non riconoscere la nostra società come tale.

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